01/11/14

La città di Napoli come non l'avete mai vista



Diretto dalla The Jackal e prodotto da Fanpage.it

"Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell'universo."
Stendhal

28/08/14

Il Romanticismo, La missione teatrale e J. W. Goethe

Goethe e il Romanticismo - Rai Letteratura

Articolo Rai letteratura

In questi giorno ho iniziato la lettura de "La missione teatrale di Wilhelm Meister", la prima redazione (interrotta), degli "Anni di apprendistato di Wilhelm Meister" (edito nel 1795-96).
La "Missione" venne pubblicata nel 1911, dopo un suo fortuito ritrovamento avvenuto due anni prima..

Italo Alighiero Chiusano (Breslavia10 giugno 1926 – Frascati15 febbraio 1995) 

L'edizione della BUR contiene una interessante scritto introduttivo di Italo Alighiero Cusano.

I classici della Bur, 1994
Un breve estratto:

"La <<missione teatrale>>, cioè l'esperienza della vita fatta attraverso il teatro, poteva essere presa come metafora, e con quel veicolo Goethe avrebbe poturo trasmetterci tutti i messaggi sapienzali che voleva, solo in forma più decisamente cifrata e poetica.
Ma il Goethe successivo al ritorno dall'Italia continua sempre più alla fiacca, fino al 1793, il romanzo a cui aveva dato inizio nel 1776, ispirandosi per il titolo alla sua stessa poesia Hans Sachsens poetische Sendung (<<la missione poetica di Hans Sachs>>, sempre del 1776).
non credeva ormai più alla missione teatrale come esperienza globale e simbolica di Wilhelm, né intendeva usare di quell'unica tranche de vie come di una metafora della vita in generale, [...].
Goethe, oltre tutto, si sentiva sempre più un maestro, un didàskalos del suo popolo, perciò aveva la tendenza classica (nel peggiore dei casi classicistica o senz'altro accademica) di insegnare aperto e senza equivoci." 
(pag.15)


Ci aggiorniamo a fine lettura :)







24/08/14

I fuochi del Basento, Raffaele Nigro

"Il brigante è come il nibbio e il falchetto,  gira largo sulle alture e quando cala c'è una vipera a prendesi il sole"



Raffaele Nigro











Non sei Lucano se non hai mai sentito il nome Raffaele Nigro. 
In un paesino con poco più di 4000 anime, situato nell'entroterra lucano e circondato dai monti, il nome Raffaele Nigro entra con insistenza nella mia mente in età adolescenziale. In quel periodo frugale ero dedito ad altre letture, chiamiamole esterofile, e uno scrittore corregionale non suscitava in me nessun particolare interesse. Il suo nome riecheggiava spesso nelle varie edizioni del Tgregionale, ma soprattutto lo scrittore e i suoi libri erano oggetto di scherno negli sketch di Toti e Tata. Nessun interesse, come dicevo, fino a quando trovo non uno, ma ben due libri di Nigro nella Biblioteca di Trento: Santa Maria delle battaglie e I fuochi del Basento. Prendo quest'ultimo. 
La breve descrizione in quarta di copertina mi informa dell'intenzione di Nigro: raccontare 100 anni di solitudine, ipocrisie, utopie, speranze, disillusioni, ideali, sangue versato, iettature, credenze, riti apotropaici, disonoranze, amori, santi, briganti e falsi eroi, parolieri e ingannatori, conflitti generazionali e guerre di conquista vissuti dalla famiglia Nigro, umili e modesti braccianti della masseria San Nicola, Lungo l'Ofanto. 

di LPLT - Opera propria. Con licenza Public domain tramite Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Lungo_L%27ofanto_(1870)_-_De_Nittis.JPG#mediaviewer/File:Lungo_L%27ofanto_(1870)_-_De_Nittis.JPG
Lungo l'Ofanto - De Nittis, 1870

E' ambientato appunto tra Puglia e Lucania questo romanzo, tra terre aride e montagne impervie, nel periodo che va dal 1784 e il 1861, quindi dall'ultimo periodo del travagliato dominio Borbonico e i primi germogli del brigantaggio post-unitario.
La citazione Scotellariana, inoltre, mi fa presagire una gradevole lettura
L'uomo che seppe la guerra e le lotte degli uomini imparò dal fascino della notte il chiarore del giorno. 
                                                      Rocco Scotellaro L'uomo, 1953
Lo scrittore ci presenta i fatti storici connettendoli con la vita quotidiana della famiglia Nigro.
Tutti i componenti della famiglia partecipano alla Storia: la subiscono, cercano di interpretarla e la vivono attivamente o spiritualmente.
Il capo famiglia é Francesco Nigro: un contadino analfabeta, ma portato per la poesia e le filastrocche, con il desiderio di imparare a leggere prima di morire.
La moglie, Concetta Libera Palomba, è il simbolo della cultura matriarcale meridionale: la donna è la colonna portante, il perno della famiglia, su cui grava il peso di tutte le decisioni del marito e dei figli, e va avanti nonostante le avversità. Attraverso le vicissitudini dei figli prima e dei nipoti poi, abbiamo un quadro ricco di elementi:
detti popolari, citazioni di illustri personaggi
"Monsieur Rousseau ha detto: il primo che traccia un cerchio a terra può con diritto esclamare: questo é mio!"
"La morte fa buona anche la carogna"
"Spariscono questi giacobini come il lardo al fuoco"
"La nostra saccenteria è pari alla nostra ignoranza"
"La legge da cui è facile uscire e in cui è impossibile rientrare"
descrizioni di luoghi, paesi
"Infidi boschi  lucani,  se ti perdi sei morto"
usanze, tradizioni 
"Gli portava male attraversarli [gli archi]: era rimasto basso di statura proprio per un arco, a San Nicola, dove passava sotto da piccolo e talvolta si era dimenticato di sputare per scongiuro."
"Il generale era accampato nelle terre di Senise, sotto Colobraro e Favale paesi pieni di donne che vestivano a lutto dalla nascita alla morte."
 e considerazioni varie 
"Il francese sulla bocca dei giovani ribelli era una lingua allegra come una tarantella; il latino, sangue della nobilità terriera,  del regno e della chiesa, era misterioso e superbo,  la lingua dei preti degli scienziati e dei giudici  dei libri e delle tombe."
"Se questa guerra tra conservatori e liberali si trasforma in una guerra tre Cristo e il diavolo, nel popolo si risveglierà la coscienza religiosa a scapito di quella civile"
Lo scrittore usa uno stile asciutto e deciso, un linguaggio informale, ma pur sempre colto. Parole di origine dialettale si alternano a parole desuete, il che sottolinea una ricerca del termine giusto, appropriato.
Nigro, inoltre, cita e richiama personaggi della storia del Sud Italia poco conosciuti come Mario Pagano, Giustino Fortunato o briganti sconosciutissimi come Domenico Rizzo, soprannominato Taccone

Una lettura interessante, ricca di spunti per chi vuole approfondire o avvicinarsi alla storia del Sud ed in particolar modo alla storia lucana.

Alcuni suggerimenti:
da leggere 

da vedere 
 



spettacolo dal vivo

da sentire
Eugenio Bennato 
Graziano Accinni
I Tarantolati di Tricarico

Graziano Accinni - Polka basilisca


N.B: : essendo Lucano, i suggerimenti non potevano che vèrtere sulla Lucania! :)



21/05/14

Metal sull'altipiano

"In tutta la guerra, hanno passato un momento più drammatico di quei pochi minuti prima di mezzanotte?" (Da Un anno sull'altipiano)
e mentre lo leggevo, avevo una musica in testa:

Two Minutes to Midnight - IRON MAIDEN



10/05/14

Holidays on ice di David Sedaris: preparazione e degustazione



Preparazione: 2/3 ore
Difficoltà: 6,5
Costo: nella media
Ingredienti: sarcasmo, ironia, humor nero, politically scorrect Q.B., icone sacre, consumismo natalizio, redenzione Q.B., follie moderne, buoni propositi, sentimentalismo tipo Canto di Natale.

Prendete gli ingredienti suggeriti mischiateli e avrete un libello dissacrante da servire prima della visione di Babbo Bastardo e dopo Il nostro Natale. O viceversa. 




Oggi è Natale, e il mondo è un posto meraviglioso
Un breve, ma lauto pasto genuino, senza turpiloqui o volgarità gratuite.
Come digestivo un nostrano L'ultimo capodanno.
Alla prossima!

"Buon anno e tante care cose"

28/04/14

LOVERS di Isabella Santacroce

Quando ritorno al paese dove ho vissuto l'adolescenza, inizio con il perlustrare le librerie di casa, dove sotto una leggera coltre di polvere vintage, giacciono opere, raccolte, manuali, libri datati e altri recenti. 
Olio su Tela, Massimo De Pace
Isabella Santacroce, Olio su Tela di Massimo De Pace 
Tutti, però, in attesa di essere riaperti e riletti. 
Tra questi si trovava Lovers di Isabella Santacroce. 

Copertina semplice, poche pagine: lettura pomeridiana scelta. Tempo impiegato: due ore scarse. Trama: due ragazze si conoscono, nasce un'amicizia profonda; una delle due si innamora dell'altra; quest'ultima si innamora del padre dell'amica; sullo sfondo i loro genitori ipocriti, falsi; 

un amore dichiarato, spezzato, finito, mai iniziato, forse; una verità finale lacerante; la morte pensata, decisa, voluta come l'unica vendetta possibile per il dolore e l'incomprensione subiti.
Storie giovanili, drammi adolescenziali scritti in prosa poetica o poesia prosata: un prosometro in versi liberi. 
La Santacroce descrive i vari amanti del suo libro accennando semplicementi alcuni gesti, alcune abitudini, alcune parole. Scopriamo una moglie infedele, un marito superficiale, una finta felicità matrimoniale, un'amicizia tradita.
Un libro che dice poco di nuovo e lo dice in un modo che non lascia traccia alcuna. 

05/03/14

Un eroe del nostro tempo

da Un eroe del nostro tempo
Vasco Pratolini

"I giornali che hai avuto tra le mani in questi mesi, i documentari che hai visto nei cinema, le celle di tortura, le camere a gas, possibile non ti abbiano fatto riflettere? e se non te ne senti responsabile, perché tu ignoravi tutto questo, possibile che almeno tu non ti senta tradito? e non ti sfiora il pensiero che la tua idea di libertà e di patria la difendessero proprio coloro che stavano dall'altra parte della barricata?"



Giuseppe De Nittis Effetto di neve, 1880



"Non si chiedeva nulla, né del passato né dell'avvenire, estranei a quel presente così intensamente vissuto. Era una creatura persuasa a sé, che stringeva il mondo nel pugno e lo tratteneva senza sforzo e senza presunzione. 

Pensava ad Elena, ed ella bloccava il tempo con la sua figura."

29/01/14

Incontro con Luca Zingaretti e "La torre d'avorio"

Al Teatro Sociale Trento

Appuntamento con il FOYER DELLA PROSA, un’iniziativa curata dalla professoressa Sandra Pietrini, in collaborazione con il Centro Servizi Culturali S. Chiara. Incontro con Luca Zingaretti 24/01/2014

"La torre d'avorio" 










La torre d'avorio (titolo originale Taking sides)
di Ronald Harwood
traduzione Masolino d'Amico
scene Andrè Benaim
costumi Chiara Ferrantini
luci Pasquali Mari
regia Luca Zingaretti

Personaggi e interpreti:
Il maggiore Steve Arnold - Luca Zingaretti
Emmi Straube - Caterina Gramaglia
Tenente David Wills - Paolo Briguglia 
Helmuth Rode - Gianluigi Fogacci
Tamara Sachs - Francesca Chiocchetti
Wilhelm Furtwängler - Massimo De Farncovich 


Trama
Berlino 1946.I militari americani stanno svolgendo le indagini preliminari su presunti collaborazionisti del regime nazista da portare a Norimberga per il processo.
Tra i collaborazionisti viene individuato il famoso direttore d'orchestra Wilhelm Furtwängler, che non era nazista, anzi detestava le politiche del Terzo Reich. A differenza di molti intellettuali trasferitisi all'estero, il direttore decise di rimanere. Scelta dettata dalla sua passione per la musica, per l'arte, convinto che la fiaccola della cultura non debba mai spegnersi.
Consapevoli del carisma e del fascino che esercita sulle persone, gli americani affidano l'indagine ad un Maggiore che odia la musica, un rozzo  plebeo che disprezza il fare borghese.
Due personaggi molto diversi, il Maggiore e il Maestro, ognuno convinto delle proprie ragioni, uno scontro-dibattito che suscita interrogativi, a cui l'autore non propone risposte, ma sollecita il pubblico a dare la propria opinione: svolgere un'attività artistica equivale a collaborare? 

Francobollo commemorativo, Germania, 1986










Luca Zingaretti, ai più conosciuto come Il commissario Montalbano, e la sua compagnia teatrale ci regalano un incontro per parlare e per discutere del suo ultimo spettacolo La torre d'avorio.
Zingaretti ritorna a Teatro e, nella doppia veste di attore-regista, interpreta e dirige Taking sides di Ronald Howard, soggetto dell'omonimo film (uscito in italiano con il titolo A torto o a ragione) diretto da Ivan Lazsbo nel 2001.
Presa la parola il regista-attore ci racconta dell'importanza che ha avuto per lui la partecipazione dell'attore 
Massimo De Francovich, a cui si è rivolto per la parte del direttore d'orchestra.
"Quando ho pensato di realizzare questo testo, ho subito pensato a lui nelle vesti di Furtwängler. De Francovich era l'attore ideale per quella parte. Se avesse rifiutato il ruolo, non avrei continuato. Senza di lui non avrei portato in scena lo spettacolo!"
Ci vengono poi introdotti i personaggi-testimoni, i cui racconti produrranno elementi per stabilire quanto il Maestro Furtwängler fosse inserito attivamente nel governo del Terzo Reich.
Il primo teste è Helmuth Rode, violinista dell’orchestra nazionale; un secondo violino di poco talento che sostiene con convinzione l’avversione di Furtwängler al regime.
La seconda testimone è la vedova di un pianista ebreo Tamara Sachs; una donna in bilico tra disperazione e follia, in cerca del marito, Walters Sachs, un pianista ebreo che Furtwängler aveva salvato. Ma i vari elettroshock le hanno creato, oltre a vuoti di memoria, una difficoltà nel discernere il reale dal fantastico, arrivando a domandarsi se davvero fosse mai esistito un marito o fosse solo frutto della sua immaginazione.
"Il personaggio, interpretato dalla Ciocchetti, rappresenta l'irrazionale. La vedo come una Cassandra, che vaga disperatamente raccontando la sua storia, ma non viene creduta. Si rapporta alla vicenda in modo fanciullesco, infantile quasi. Irrazionale appunto. Così come fanno i folli, i pazzi, i bambini, ci aiuta a vedere le cose da una prospettiva diversa."(Zingaretti).
Emi Straube, invece, è la traduttrice e segretaria, invischiata a suo tempo nel Golpe contro Hitler. Un personaggio taciturno, che "parla con i silenzi. O meglio: decide di non parlare, lascia che sia la musica a farlo. Bisogna farsi trasportare dalla musica" (Gramaglia).
Il Tenente David Wills è un ebreo scappato dalla Germania, i cui genitori vennero perseguitati dai nazisti, ma ciononostante riconosce il merito artistico e intellettuale del Maestro. "E' un personaggio garantista. Comprende la scelta del direttore Furtwängler che, a differenza di tanti artisti che hanno lasciato la Germania, decide di rimanere, per amore e passione per la sua arte: la musica!" (Zingaretti).



Un momento dell'incontro
Ma come è nata la volontà di portare in scena proprio questa dramma?
"Stavo cercando un testo per il mio debutto alla regia, dopo la bella esperienza con La Sirena. Dopo averlo letto ho capito subito che sarebbe stato perfetto. Non è un semplice testo che affronta ciò che è giusto o sbagliato. Non è né il compito del teatro stabilire ciò, né il mio. Ma affronta un tema a me molto caro e che di questi tempi sembra essere assente nella  nostra vita quotidiana. Parlo della RESPONSABILITA'. E' di questo che si parla: di responsabilità. Perché le cose migliorino anche un minimo, ognuno dovrebbe tornare a fare il proprio dovere!".
Parlando poi della messa in scena, l'attore de Francovich ci spiega che "In scena abbiamo la compresenza di 
due personaggi agli antipodi: un Maggiore impassibile, tutto d'un pezzo, non acculturato, un uomo d'azione più che di pensiero, a cui è contrapposto un Maestro d'orchestra, intellettuale, indubbiamente acculturato, per il quale la musica è tutto. Il Maggiore rimane immobile, fermo nelle sue convinzioni. Mentre il Maestro pian piano si disvela, perde le sue certezze."
Nello specifico il suo personaggio "(Furtwängler) non è mai stato complice del nazismo, salvò anche alcuni ebrei membri della Filarmonica di Berlino dai campi di concentramento. Ma si insinua un'ombra su di lui, dal momento che rimase a Berlino e, soprattutto, venne considerato come 'il direttore ufficiale del regime'. 
E' il suo amore per la musica che lo salva dall'orrore che si espande intorno a lui. E' l'animo passionale dell'artista che per amore dell'arte commette degli errori. Errori perdonabili."
Che ruolo svolge la musica, quindi?
"La musica è la vera protagonista. Durante tutta la rappresentazione abbiamo la presenza di Beethoven che ci accompagna. Anche gli altri protagonisti sono tutti appassionati di musica. Tranne il Maggiore, scelto proprio perché non conosce né il Maestro, né l'importanza della musica."
L'attore De Francovich, inoltre, ci spiega che è sempre stato affascinato dai personaggi considerati negativi: "Mi piace svelare e scoprire ogni lato dei personaggi e mostrarli al pubblico."
Il gruppo di attori ci lascia, in vista dell'inizio dello spettacolo, ricordandoci che il compito del teatro non è dare risposte, ma di insinuare nello spettatore il dubbio.
Dal teatro si esce con delle domande, non con le risposte.



26/01/14

La donna della domenica


Un giallo targato Italia e scritto a quattro mani da Fruttero e Lucentini.
"...a Parigi, nel 1953, le due linee di questa storia si incontrarono, per caso, in un alberghetto di Montmartre. Fruttero disse qualcosa, Lucentini farfugliò e poi sorrise..."1.
Dopo pochi anni i due iniziano a lavorare in qualità di redattori per la casa editrice Einaudi, per poi passare alla Mondadori, dove divennero i curatori della rivista di fantascienza Urania.
Fu così che "nel 1965, un poco per passare il tempo, un poco per obbedire al loro genio tardivo, cominciarono a scrivere insieme un romanzo giallo, che sette anni dopo diventò La donna della domenica"1.
Troviamo nel romanzo sia  sarcasmo e ironia tagliente, sia una fredda e cruda analisi dei personaggi, perlopiù meschini, avidi e insofferenti verso gli altri.
Siamo nel 1972, in una Torino industrializzata e invasa da operai "terroni",  con strade affollate da utilitarie e la media e piccola borghesia in ascesa sociale.
Nel trambusto di una città che si appresta a diventare metropoli, un caso di omicidio, apparentemente di facile risoluzione, diventa il centro di intrighi, di storie che si snodano e si intrecciano, di personaggi strambi, irriverenti, snob ed intraprendenti.
La vittima è il geometra/pseudo-architetto Garrone: un solitario, marpione, scroccone, inetto,  che cerca una sorta di riscatto sociale.
Ucciso nel suo pied- à- terre con un colpo alla testa da un'arma non convenzionale: una riproduzione in pietra di un fallo.
Il caso è affidato al Commissario Santamaria, un integerrimo poliziotto di origini meridionali.
Particolarità che lo rende attraente agli occhi di Anna Carla, la quale, in quanto "moglie di un industriale del
continente, dev'essere alta e bionda per forza, scherzò il commissario con riesumato accento insulare".
Anna Carla Dosio fa parte della nuova borghesia torinese. La donna conduce una vita vuota; si divide tra chiacchere e confidenze con il suo amico Campi e la ricerca di un amante, giusto per equilibrare il comportamento fedigrafo del marito.
Massimo Campi, invece, un non più molto giovane borghese, ha una relazione con Lello Riviera, più giovane di lui e ancora entusista della vita di coppia, ma che si scontra con l'atteggiamento apatico e rassegnato del Campi.
Massimo e Anna Carla si trovano ad essere sospettati dal Commissario in quanto il Garrone risulta essere un "personaggio" di quello che loro chiamano "teatrino".
In questo teatrino fanno la comparsa personaggi di vario tipo e di diversa estrazione sociale, a cui vengono attribuiti nomignoli, comportamenti, vizi e, raramente, virtù: il loro passatempo preferito per deridere chi è al di fuori (meglio dire al di sotto) della loro sfera sociale.
Un'altra pista, suggerita grazie alla testinonianza di un vicino di casa del Garrone, mette la polizia alla ricerca di una bionda, alta, probabilmente una prostituta che batte, presumibilmente, nella zona del Parco, proprietà delle aristocratiche sorelle Tabussi.
E' Virginia Tabussi a entrare in scena in modo grottesco. Una caricatura esemplare di dama altezzosa, in continua polemica con le autorità contro depravati, voyeur, prostitute e coppie di amanti clandestini che usurpano il loro Parco. E la polizia, i vigili? Assenti! A multare le auto in divieto di sosta!
Tra galleristi d'arte, uffici comunali di sapore kafkiano, marmisti rozzi e irsuti, architetti e progetti, lapidi e gare d'appalto, ci scappa anche la seconda vittima.
Il caso, come in ogni giallo, viene risolto dal Santamaria grazie alle sue intuizioni ma , soprattutto, ad una serie di combinazioni di nomi  e fatti che, ricomposti, danno il quadro della situazione.
Molto accurate sono le descrizioni degli ambienti: uno sguardo cinematografico attento ai particolari, caratteristica dei due scrittori.
Ci propongono un affresco dei tempi che cambiano, che ritrovo ben espresso nella parte del romanzo in cui il prete Passalacqua spiega come un simbolo fallico, in antichità, rappresentasse la vita, e che oggi altro non è che una mera riproduzione in serie per motivi commerciali, per appagare un vezzo dei nuovi ricchi, di turisti, o di chiunque voglia darsi un tono di cultura.
Cultura pop direi: siamo nel '72, la riproducibilità dell'immagine in milioni di esemplari è un fatto quotidiano e Andy Warhol lo sta insegnando al mondo intero.
Tutto ciò che era sacro, sta diventando popolare, volgare. E questo volgo sta diffondendosi per Torino, portando con se palazzine popolari, dialetti e parlate nuove, vizi e passatempi non adatti alla Torinobene.
Infatti la Torinobene si ripara, cerca rifugio sui colli: il Campi, la Dosio, le sorelle Tabussi dall'alto non possono fare a meno che constatare il declino della loro città.
Come ben osserva il Commissario "Qui il lugubre, evidentemente, era distribuito con puntigliosa equità, era
democratico".


Edizione:
Fruttero & Lucentini, La donna della domenica, collana Oscar classici moderni, Mondadori, 2001, pp.422.

Dal romanzo fu realizzato anche il film:
Scena Santamaria dalla Tabussi












1 - Il mistero FRUTTERO e LUCENTINI, articolo di PIETRO CITATI apparso su La Repububblica del 28 settembre 2006

24/01/14

Acciaio o Ghisa?!


Acciaio è il primo romanzo della giovane scrittrice  Silvia Avallone, da cui è stato tratto anche un film. Bene, ora che avete preso le dovute informazioni dai link, parliamo del libro, in attesa di vedere il film.
L’acciaio non si trova in natura, è una lega e basta cambiare le percentuali dei composti per ritrovarsi al suo posto la ghisa, ovvero ferraccio, di minor qualità.
Gli elementi che, a parer mio, rendono ghisa questo romanzo sono: la banalità, la monotonia, la piattezza dei personaggi, un registro linguistico privo di sfumatura, un’accozzaglia di eventi circostanziali e generalizzazioni varie ed eventuali.
Inizio la lettura del libro con tutte le migliori intenzioni. Mi incuriosiva perché ne è stato tratto un film e perché era in versione e-book gratuita su Amazon.
La vicenda, per chi non lo sapesse o non avesse usato i link sopra indicati, si svolge in una Piombino di inizio millennio tra la spiaggia, la fabbrica di acciaio, la vita periferica degli operai che vi lavorano e dell’intero indotto: bar, scuole, discoteche, malavita, etc.
Tutto fila liscio, immerso nella lettura, fino a quando, all’improvviso e inaspettatamente, non succede proprio nulla. O meglio: succede il prevedibile.
Le pagine, monotone e ripetitive, si fanno leggere senza sforzo e l’autrice ci presenta un numero di personaggi superiore al necessario.
Tra quelli primari e secondari non trovo molto differenza: privi di spessore, senza profondità, asettici.
Le protagoniste sono due tredicenni che vivono il passaggio dall’età infantile a quella adolescenziale.
Un tema interessante, ma già dopo le prime battute sono vittima dell’ovvio che, purtroppo, mi accompagnerà fino alla fine.
Intorno a loro si muovono persone e vicende che si incontrano e si intrecciano, molto spesso senza apportare nulla di significativo ai fini del racconto.
Abbiamo, quindi: un padre-padrone operaio; una madre ovviamente di origini meridionali, segregata tra la cucina e il tinello; un’altra madre, la cittadina emancipata, lavoratrice e combattiva; un secondo padre-padrone, operaio licenziato col vizietto del guadagno facile; le ragazzine sfigate, cicciottelle, secchione e invidiose; giovani operai pasticcomani discotecari, che vivono alla giornata; il bello e dannato che fa la sua apparizione, assumendo il ruolo di defloratore; ragazze madri; spogliarelliste; e via scrivendo.
Così come non manca la scenetta sexy-pedo-porno-lesbo con tanto di guardone onanista, non manca nemmeno l’elemento suspense: un paio di incidenti con tragici risvolti, giri loschi e traffici strani, latitanti che vanno e vengono.
Non mancano i riferimenti politici: Silvio, l’11 settembre visto al bar, il mondo che cambia,… vogliamo parlare dell’abusato cliché dell’ambiente scolastico? Ma anche no, lo leggete da voi.
Gli eventi non vengono sviluppati: rimangono piatti, nessuna evoluzione,  tante microcronache di fatti che sono stati uniti sapientemente.
Un altro elemento appiattito e privato di sfumature è il linguaggio. Siamo a Piombino, in provincia di Livorno, tra le città che hanno una parlata e un vernacolo molto colorito: modi di dire, slang, cadenze particolari.
Nel libro non troviamo traccia di livornesità: né il famoso “Boia dé”, né un “m’importa ‘na sega”  e al posto di “troia” un “ber tegame” o “farda” ci poteva stare. (per approfondire)
Un libro, in definitiva, non entusiasmante, il cui tema centrale (l’amicizia? La difficile vita di periferia? Il conflitto generazionale?) mi sfugge: nel mare magnum degli  argomenti inseriti si fa fatica a comprendere dove si vuole andare a parare.